domenica 27 aprile 2008

Come vogliamo la politica

La frase la possiamo intendere come una domanda oppure come una volontà auspicabile. Personalmente credo che la politica deve avere un ruolo di proposta, tutela e servizio per il cittadino, che è al centro di tutto il sistema politico e sociale , come recita la nostra costituzione. La politica deve essere al servizio dello stato e di conseguenza del cittadino che ne è il principale costituente e creatore . La politica si deve occupare della organizzazione dello stato tenendo presente delle esigenze e dei bisogni delle popolazioni che sono diverse tra loro ma tutte devono avere la possibilità di vivere all'interno di una società in piena libertà politica e religiosa, rispettando sempre le regole che sono alla base della convivenza umana. La politica deve creare le condizioni per il progresso, per la formazione di persone in grado di sviluppare idee innovative e concrete che permettono di crescere e progredire in tutti i campi soprattutto quelli che comprendono la cultura e la conoscenza che sono l'anima di ogni società pliticamente progredita. In conclusione vorrei che la politica si possa fare, senza barriere idologiche preconcette che frenerebbero qualsiasi dialogo stroncandolo sul nascere, creando posizioni inconsistenti e dannose simili ai bisticci tra bambini per un giocattolo conteso. Ma soprattutto vorrei che la politica dei nostri organismi governativi scenda tra il popolo a chiedere, a proporre, a parlare semplicemente di come noi tutti vorremmo che sia.

Walter Quarantini

sabato 19 aprile 2008

La scuola distrutta dagli intellettualoidi

“Il futuro sarà come sono le scuole oggi” diceva il Premio Nobel (1937) per la medicina Albert Szent-Györgyi. Speriamo avesse torto, altrimenti siamo nei guai. Indagini e statistiche, rimbalzate sui giornali in questi mesi, testimoniano il crollo verticale della qualità dell’insegnamento nel nostro Paese. Per questo motivo, appare scontato che l’istruzione debba essere la prima questione alla quale il prossimo governo dovrà mettere mano. In estrema sintesi, vanno più o meno azzerate le riforme che si sono susseguite senza tregua dagli anni Novanta fino a oggi, le quali hanno avuto un impatto disastroso, inutile nascondersi dietro a un dito.
La burocrazia ministeriale, ha decretato che la scuola italiana dovesse essere meno “autoritaria” e più “egualitaria”. I guru (si fa per dire) dell’educazione hanno smantellato i vecchi programmi fondati sui contenuti. Troppo “impositivi”. Infatti, secondo loro, la scuola deve essere «un insieme di processi di auto-apprendimento».
L’istruzione pubblica non deve abbandonare nessuno; ogni alunno va incoraggiato a sviluppare le proprie «competenze». Con i suoi tempi e nel rispetto della sua personalità. Traduzione: il docente non deve “imporre” lo studio dell’ortografia e della grammatica. Deve piuttosto fare in modo che l’allievo sviluppi la consapevolezza dell’esistenza delle regole. Risultato di questa astruseria da intellettualoidi: i ragazzi all’università scrivono “stà” con l’accento.
La storia, per tradizione consolidata, è narrazione e interpretazione di eventi. Si direbbe ragionevole. No. Per i maghi della didattica è una visione superata. E la geografia? Il mappamondo l’hanno messo in cantina. Meglio chiedere all’allievo di descrivere il panorama fuori dalla finestra, così che capisca i concetti di “vicino / lontano” e “dentro / fuori”. C’è di peggio. Questa impostazione all’apparenza “democratica” nasconde la fregatura. Lo Stato invade lo spazio della famiglia, e pretende di impartire insegnamenti etici.
Inoltre, in nome della tolleranza, dell’integrazione etc etc., molte materie, dietro a una neutralità di facciata, celano una visione fortemente ideologica. «Nelle scuole medie ci si può trovare di fronte a libri di testo in cui il globo terrestre non è suddiviso in continenti o in Stati, bensì in regioni definite in modo del tutto arbitrarie». Ecco il Medio Oriente trasformarsi in una fantomatica «area islamica». Peccato che in tale «area» siano inclusi lo Stato d’Israele e Paesi come il Libano in cui vivono consistenti comunità cristiane. «L’approccio astratto serve a veicolare la truffa ideologica». Non è possibile integrare gli immigrati, se la scuola rinuncia a insegnare i valori che sono alla base della nostra convivenza in nome di un multiculturalismo che puzza di demagogia.
Poi c’è l’insegnante, al quale sono stati sottratti tutti gli strumenti per mantenere l’ordine e la disciplina. Ad esempio, il voto in condotta e gli esami di riparazione. Temi sui quali qualche ministro ha tentato di intervenire, sia pure in modo parziale e pasticciato.
Questo è solo una parte del problema, fra gli interventi più urgenti, il ripristino dei programmi fondati sul contenuto; il ripristino dell’autorità del docente; la reintroduzione degli esami di riparazione; una maggior attenzione agli istituti professionali (della cui esistenza il ministero non deve essere al corrente, almeno a giudicare dai temi di maturità, calibrati per i licei).

(da Fondazione Magna Carta)
Antonio Cecchetti

venerdì 18 aprile 2008

Cultura del vivere

Molti quotidiani, rotocalchi e famosi talk show ultimamente si impegnano molto nel cercare di analizzare il vivere quotidiano spesso azzardando teorie e soluzioni da consigliare a tutti, come se ci fosse una ricetta assoluta per interpretare e svolgere questa vita sempre più difficile piena di impegni, stimoli e egigenze che fino a quarantanni fa sembrava impensabile. La società è andata avanti con tutte le sue conquiste ma anche con tutte le sue contradizioni, basti solo pensare alla solidarietà che negli anni cinquanta-sessanta abitava tra la gente, le famiglie si aiutavano a vicenda come se tutti vivessero sotto lo stesso tetto, come se la difficoltà fossero di tutti e viceversa la felicità, fosse un dono da condividere con gli altri. E per contrappeso l'indifferenza e la diffidenza che si riscontra oggi verso chiunque tenti di comunicare con il prossimo. Io con la mia generazione forse siamo stati gli ultimi che abbiamo vissuto quei momenti di aggregazione spontanea in nome del vivere comune; ricordo la grande festa della mietitura, le grandi aggregazioni per onorare i santi o qualche evento famigliare felice come un matrimonio, la nascita di un bimbo ma anche incontri di massa dolorosi come quelli di funerali che ,anche loro, servivano alla gente per dimostrare di essere una comunità, per dimostrare un sentimento di cui, secondo me, oggi si è perso l'enorme valore: "il rispetto per il prossimo". Si proprio quello, perchè non dimentichiamoci che su questa enorme arca, che si chiama terra, ci stiamo tutti insieme e non possiamo che cercare di starci nel miglior modo possibile in pace e in armonia con gli altri e con il mondo intero. Personalmente penso che la nostra società, nello specifico parlo della comunità del nostro territorio, sia ancora sana e in armonia con il contesto che la circonda, visto l'amore che tutti abbiamo per la nostra terra che non ci obbliga a stare con lei ma ci invita alla sua tavola come una mamma di altri tempi. Certo le difficoltà oggi sono molte, se pensiamo solamente a cosa vuol dire arrivare a fine mese, gia questo ci turba alquanto. Se poi prendiamo l'insofferenza dei nostri giovani sempre alla ricerca di chissà cosa perdendo di vista tutti i vantaggi positivi che il mondo moderno ci mette a disposizione, come ad esempio la "libertà", di espressione, di scelta, di indirizzo professionale, di movimento, di religione e quantaltro cose che farebbero impazzire i nostri padri solo al pensiero di averle a disposizione. La cultura del vivere, per riprendere il titolo, é l'unica virtù che ci rende unici fra tutte le creature di questo mondo e visto che fra tutti gli esseri siamo gli unici a disporre di intelligenza razionale, è bene che tale peculiarità la usiamo per il bene dell'umanità.

Quarantini Walter

venerdì 4 aprile 2008

Sogno

Mio fratello ha meno di 25 anni, sta facendo le scuole serali perché non ha voluto studiare 10 anni fa e uno dei suoi più grandi desideri è fare l’università, andare a vivere fuori, vivere esperienze che qui in paese non potresti mai vivere, conoscere tanta gente diversa, vivere una vita completamente diversa. Perché il paese gli sta stretto, perché qui siamo sempre gli stessi, perché qualsiasi cosa fai è sulla bocca di tutti, perché vorrebbe fare tante cose ma le strutture non ci sono e non ci sono i servizi.
Io ho quasi 30 anni, ho frequentato l’università, ho vissuto per un po’ fuori casa, ho visto e fatto quello che lui oggi sogna. E un po’ mi fa sorridere.
Lo guardo e penso a quanto sia importante uscire, per poi rientrare e capire veramente quello che abbiamo sotto i piedi e sopra la testa.
Perché tanto tempo lontano da qui, ti apre gli occhi; perché vivere in un contesto totalmente differente rende il ritorno una sensazione sublime.
Oggi, il pensiero di allontanarmi da qui, da casa mia, per sempre, mi fa star male. La mattina apro gli occhi, esco di casa e vedo un paesaggio che non è mai come il giorno prima: una nuova costruzione, un albero in più, uno in meno, un campo arato, uno seminato. Uno spettacolo, che mi fa perdere 5 minuti e mi fa arrivare a lavoro sempre in ritardo. Ma una gioia, una boccata di ossigeno che mi rimette in moto, mi fa riprendere dalle noie di un lavoro impiegatizio, a volte un po’ stretto.
Con l’attesa dell’arrivo della primavera, un’attesa lunga, ma dolce, che mi fa scoprire il verde a poco a poco, tra gli alberi, sui prati. Per arrivare all’apoteosi dei colori in estate, con il suo clima caldo di giorno e fresco di notte.
Che bello! Che pace! Che sensazione di serenità!Quante altre persone possono provare queste emozioni tutti i giorni? Quante persone attendono le ferie solo per godere di queste sensazioni?
Quanto siamo fortunati? Tanto; siamo così fortunati da non rendercene conto troppo spesso, da non considerare quanto madre natura sia stata buona con noi, quanto ci abbia voluto bene facendoci nascere qui. Siamo così accecati dalle immagini bombardate dalla tv che ci siamo convinti che il paradiso sia altrove, a migliaia di km da qui, sperduti in mezzo all’oceano, con due palme, un po’ di sabbia e tanta acqua. Tanto da voler desiderare nient’altro che quello, da non farci apprezzare quello che abbiamo. E allora andiamoci! Andiamo a vedere questi paradisi, andiamo a scrutare da vicino queste meraviglie del mondo. Andiamo a vedere com‘è la vita fuori da qui, per capire finalmente come è la nostra vita. Per capire finalmente cosa ci circonda e saperne parlare. Questo è uno dei nostri più grandi problemi. Non sappiamo parlare della nostra terra, non la sappiamo raccontare, perché non la capiamo. Tutta la nostra generazione ha vissuto qui: i nostri nonni, i nostri genitori, i nostri amici vivono e sono sempre vissuti qui. Per noi questa è la normalità, non riusciamo ad immaginare altra realtà, perché qui siamo sempre stati e non riusciamo a comprenderla e a carpire le differenze, perché l’abbiamo sempre avuta. È il teorema della vita: chi ha tanto non lo sa apprezzare, chi non lo ha, lo cerca.
Ma oggi la vita non è più come una volta: oggi puoi andare e tornare tutte le volte che vuoi senza dover cambiare necessariamente casa e residenza. Oggi il progresso ci offre la possibilità di guardare cosa c’è fuori e di ritornare tutte le volte che vogliamo, per capire meglio cosa c’è dentro.
E allora, stacchiamo la spina e andiamo a farci un giro…scopriremo finalmente quanto è bello tornare.
Ed uno dei nostri più grandi desideri nel dare vita a questo blog, è quello di poter aprire gli occhi e di imparare ad amare quello che il Signore ci ha donato, per rendere le nostre vite e il mondo che ci circonda migliore, parlandone insieme e dando vita a nuove idee.

Elisa Contigiani