sabato 19 aprile 2008

La scuola distrutta dagli intellettualoidi

“Il futuro sarà come sono le scuole oggi” diceva il Premio Nobel (1937) per la medicina Albert Szent-Györgyi. Speriamo avesse torto, altrimenti siamo nei guai. Indagini e statistiche, rimbalzate sui giornali in questi mesi, testimoniano il crollo verticale della qualità dell’insegnamento nel nostro Paese. Per questo motivo, appare scontato che l’istruzione debba essere la prima questione alla quale il prossimo governo dovrà mettere mano. In estrema sintesi, vanno più o meno azzerate le riforme che si sono susseguite senza tregua dagli anni Novanta fino a oggi, le quali hanno avuto un impatto disastroso, inutile nascondersi dietro a un dito.
La burocrazia ministeriale, ha decretato che la scuola italiana dovesse essere meno “autoritaria” e più “egualitaria”. I guru (si fa per dire) dell’educazione hanno smantellato i vecchi programmi fondati sui contenuti. Troppo “impositivi”. Infatti, secondo loro, la scuola deve essere «un insieme di processi di auto-apprendimento».
L’istruzione pubblica non deve abbandonare nessuno; ogni alunno va incoraggiato a sviluppare le proprie «competenze». Con i suoi tempi e nel rispetto della sua personalità. Traduzione: il docente non deve “imporre” lo studio dell’ortografia e della grammatica. Deve piuttosto fare in modo che l’allievo sviluppi la consapevolezza dell’esistenza delle regole. Risultato di questa astruseria da intellettualoidi: i ragazzi all’università scrivono “stà” con l’accento.
La storia, per tradizione consolidata, è narrazione e interpretazione di eventi. Si direbbe ragionevole. No. Per i maghi della didattica è una visione superata. E la geografia? Il mappamondo l’hanno messo in cantina. Meglio chiedere all’allievo di descrivere il panorama fuori dalla finestra, così che capisca i concetti di “vicino / lontano” e “dentro / fuori”. C’è di peggio. Questa impostazione all’apparenza “democratica” nasconde la fregatura. Lo Stato invade lo spazio della famiglia, e pretende di impartire insegnamenti etici.
Inoltre, in nome della tolleranza, dell’integrazione etc etc., molte materie, dietro a una neutralità di facciata, celano una visione fortemente ideologica. «Nelle scuole medie ci si può trovare di fronte a libri di testo in cui il globo terrestre non è suddiviso in continenti o in Stati, bensì in regioni definite in modo del tutto arbitrarie». Ecco il Medio Oriente trasformarsi in una fantomatica «area islamica». Peccato che in tale «area» siano inclusi lo Stato d’Israele e Paesi come il Libano in cui vivono consistenti comunità cristiane. «L’approccio astratto serve a veicolare la truffa ideologica». Non è possibile integrare gli immigrati, se la scuola rinuncia a insegnare i valori che sono alla base della nostra convivenza in nome di un multiculturalismo che puzza di demagogia.
Poi c’è l’insegnante, al quale sono stati sottratti tutti gli strumenti per mantenere l’ordine e la disciplina. Ad esempio, il voto in condotta e gli esami di riparazione. Temi sui quali qualche ministro ha tentato di intervenire, sia pure in modo parziale e pasticciato.
Questo è solo una parte del problema, fra gli interventi più urgenti, il ripristino dei programmi fondati sul contenuto; il ripristino dell’autorità del docente; la reintroduzione degli esami di riparazione; una maggior attenzione agli istituti professionali (della cui esistenza il ministero non deve essere al corrente, almeno a giudicare dai temi di maturità, calibrati per i licei).

(da Fondazione Magna Carta)
Antonio Cecchetti

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